STALKING E STALKERS: LA SINDROME DEL MOLESTATORE ASSILANTE.

Riportando l’articolo de La Stampa di ieri: “Aveva terminato il suo turno di lavoro. Poi l’aggressione, intorno alle 16, al parcheggio dell’ospedale dove lavorava. Il suo assassino sembra conoscesse bene le abitudini di questa donna e medico, sapeva quando colpire. È morta uccisa a coltellate davanti all’ospedale di Sant’Omero, nel Teramano, dove era responsabile del day hospital oncologico, con profonde ferite da coltello al collo e al petto. Ester Pasqualoni, 53 anni, lascia due figli minori, una ragazza di 15 anni e un ragazzo di 17 anni. Un medico molto amato sia nella professione che a livello umano, come testimoniano i tanti colleghi giunti sul posto e i commenti su Facebook postati sotto i profili dei suoi amici.
«Abbiamo idea di chi possa essere l’omicida e lo stiamo cercando», ha riferito un investigatore aggiungendo che «si tratta molto probabilmente di una persona che dava fastidio alla vittima». Verifiche sono in corso in merito a denunce che la donna avrebbe presentato.
 A dare conferma di quanto stesse accadendo è una sua amica, Caterina Longo. «Aveva presentato due denunce contro il suo stalker, ma erano state entrambe archiviate». L’uomo, dice Caterina Longo, la perseguitava «da diversi anni», la «osservava e seguiva, sempre e dappertutto. Si era intrufolato nella sua vita non sappiamo neanche come, con artifici e raggiri. Non era un suo ex, non avevano niente a che fare, era solo ossessionato da lei». E sempre Caterina su Fb aveva scritto: «Quante volte sedute a ragionare di quell’uomo... quel maledetto che ti perseguitava... e non sono riuscita a risolverti questa cosa…e me lo porterò dentro tutta la vita….ti voglio bene». E sotto una valanga di commenti di chi l’ammirava”.

La condotta dello stalking, intesa come intenzionale, malevolo e persistente comportamento di seguire e molestare un’altra persona, comprende tutti quei comportamenti persistenti e assillanti rivolti verso la vittima dello stalking. Tali condotte persecutorie sono ripetute nel tempo provocando nella vittima un grande stato ansioso e di paura, costringendola a cambiare le abitudini quotidiane e a temere per la sua incolumità e quella dei suoi cari. Il termine stalking arriva dal verbo inglese to stalk, letteralmente ‘fare la posta’; in italiano tale termine viene fatto corrispondere a quella che viene definita la ‘Sindrome del molestatore assilante’.

Nel 2009 lo stalking è entrato a far parte dei Delitti contro la libertà morale, introducendo con l’art. 612-bis del codice penale il “reato di atti persecutori”.

Per poter parlare di stalking vi sono almeno tre condizioni necessarie: un attore-molestatore, una serie di comportamenti ripetuti ed intrusivi finalizzati alla ricerca del contatto e della sorveglianza della vittima e la vittima stalkizzata per la quale le intrusioni e molestie e le preoccupazioni che ne seguono diverranno la chiave del vissuto soggettivo.  

La vittima preferita del molestatore è la donna, tuttavia non si esclude che la vittima possa essere un uomo, un vicino di casa, un personaggio dello spettacolo, un medico, un collega di lavoro, un giudice.
La vittima è talvolta una persona con la quale il soggetto non ha mai avuto contatti precedenti, che rappresenta per lo stalker una meta ideale da raggiungere come simbolo di autonomia e fonte di un forte sentimento di ammirazione e idealizzazione, proprio come sembra essere successo nel caso della dottoressa di Teramo. Non per forza lo stalker ha avuto un rapporto affettivo e un vissuto relazionale con la vittima, tuttavia, gli ex partners che vogliono riprendere il rapporto o vendicarsi, costituiscono la categoria di stalker maggiormente rappresentata in tutti gli studi statistici.
Oltre all’intensa preoccupazione per gli atti vessatori di cui sono vittime, quest’ultime possono sviluppare quadri depressivi-ansiosi e di evitamento dei luoghi comuni frequentati, in grado di incidere a diversi livelli sul funzionamento lavorativo, sociale affettivo e relazionale.

Gli autori di stalking possono essere descritti come soggetti non in grado di accettare ed elaborare il rifiuto ricevuto da parte della vittima. Tale incapacità può sfociare in una rabbia distruttiva, che non solo mantiene vivo il desiderio di controllo, incontro e sorveglianza della vittima, ma può sfociare in conseguenze devastanti come la morte e l’uccisione di quest’ultima. In generale, si può affermare nell’autore di stalking una profonda ed intensa incapacità di mantenere relazioni interpersonali adeguate e di rispettare i limiti e lo spazio del libero movimento che contraddistinguono una sana relazione con l’altro.

Le molestie messe in atto, oltre agli inseguimenti, sono perlopiù attraverso scritti, telefonate e messaggini, spesso anche con contenuti di minaccia. Alcune sentenze della Cassazione hanno fatto in modo che nel novero delle molestie tipiche dello stalking rientrassero anche tutte quelle azioni persecutorie provenienti dall’utilizzo di internet: e-mail e messaggi recapitati tramite le diverse chat, nonché la pubblicazione di post o video a contenuto ingiurioso, sessuale o minaccioso sui social network.


Lo stalking è un reato, e se pur non è la stessa vittima a scegliere di esserlo, le tutele legislative esistenti e la possibilità di denunciarlo, sono comunque forme cautelative importanti, sebbene non sempre completamente efficaci. Nel caso dello stalking il tentativo da parte della vittima di tenersi lontana e indifferente dalla persecuzione, di rimanere in silenzio non può e non deve essere considerata un’arma contro lo stalker. Lo stalking, come ogni altra forma di violenza alla nostra libertà di autodeterminarsi è un comportamento vecchio come il mondo e noi ne dobbiamo parlare. Parliamo sempre.


Dott.ssa Giulia Tavilli
Laureata in Psicologia Clinica, con indirizzo ‘Devianza e Sessuologia’

In formazione per le specializzazioni in Dipendenze Patologiche e Psicologia Giuridica.


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