Le ragioni del cuore…La scelta del partner

“Non esistono persone perfette le une per le altre. Esistono persone che nonostante tutto si vogliono incontrare, ogni giorno, forse per il resto della vita.”
Perché qualcuno ci piace?
In primis si è attratti da ciò che osserviamo nell’altro sin dal primo momento, ovvero il portamento e l’aspetto fisico. Le persone attraenti seducono altre persone attraenti. Secondo i ricercatori, ci sono altre qualità che attraggono, e dipendono dal luogo in cui si vive, come l’educazione o la religione.
Ma le persone vivono le relazioni sentimentali non solo sulla base degli aspetti “pragmatici” e coscienti della relazione con l’altro, ma anche in funzione delle rappresentazioni interne, i modelli, che hanno costruito nel corso dell’esistenza grazie ai rapporti più significativi.
Quando due persone si incontrano ognuna porta con sé un bagaglio di modelli e abitudini relazionali, di “teorie” e aspettative, di bisogni da soddisfare, ma anche di domande alle quali rispondere per trovare una via d’uscita a difficoltà sentimentali precedenti.
Ma qual è il meccanismo attraverso il quale avviene la scelta di una persona piuttosto che di un’altra?
L’altro, il partner, l’amato, è sempre, in parte, usato narcisisticamente come un contenitore per alcune parti di noi, contenitore in cui proiettiamo uno o più aspetti complementari di noi. Questo meccanismo può investire parti idealizzate del sé, come per esempio nell’innamoramento, o parti indesiderabili, angoscianti e difficili da gestire.
La scelta del partner, da questo punto di vista, è tutt’altro che casuale. Infatti il prescelto deve rappresentare il contenitore “adatto” alle proiezioni e questo deve avvenire per entrambi i membri della coppia. Nel corso di relazioni di coppia significative è possibile osservare questo adattamento reciproco che può essere dinamico, cioè evolutivo e in grado di facilitare l’integrazione, o rigido e difensivo. Integrare significa poter riprendere su di sé sia le parti buone quanto quelle inaccessibili, ma anche saper riconoscere la diversità dell’altro rispetto a noi. In questo senso diversi autori, primo tra tutti Dicks, si riferiscono al matrimonio come a una relazione terapeutica naturale, cioè a un terreno comune di scambio all’interno del quale è possibile trovare un contenitore idoneo all’elaborazione ed integrazione dei nuclei non risolti di ognuno di noi.
Un altro aspetto coinvolto nella scelta del partner ha a che fare con come ci rappresentiamo il “noi”: questa rappresentazione interna della relazione con l’altro permette di discriminare affettivamente ciò che può essere condiviso da ciò che non lo è. Il tema della condivisione rimanda automaticamente anche al suo contrario, cioè al senso di esclusione, e a come sono stati affrontati non solo i momenti di non incontro con le figure significative, ma anche quelli di esclusione all’interno di dinamiche triangolari, quelle edipiche innanzitutto, ma anche quelle che coinvolgono i fratelli in alleanze e coalizioni.
Un ulteriore elemento è il modello di coppia che ci portiamo dentro, così come l’abbiamo interiorizzato sulla base della nostra esperienza con i genitori. Questo schema definisce ciò che ci aspettiamo dall’ “essere insieme” e influenza una porzione rilevante della vita affettiva perché può, o meno, favorire la capacità di instaurare rapporti di coppia nella vita adulta. Se da un lato infatti questo schema orienta la qualità delle relazioni interpersonali e con il tempo subisce un progressivo accomodamento alla realtà, dall’altro è possibile che permangano aspetti irrisolti che non si piegano all’esame di realtà.
L’ultimo fattore, ma non per questo meno importante, che influenza la scelta del partner è il mito, e il relativo mandato, familiare.
Il mito familiare è un insieme di rappresentazioni, valori e credenze condivise riguardanti l’immagine che i membri di una famiglia hanno di sé stessi e dei ruoli reciproci all’interno della famiglia stessa. Ogni individuo trova nell’universo di valori familiari e nei suoi miti una peculiare collocazione, funzionale alla soddisfazione dei suoi bisogni primari e al suo equilibrio psico-affettivo. Il mito familiare da un lato ha una funzione omeostatica perché, assicurando continuità all’identità dei suoi membri e alle relazioni reciproche, funziona come mezzo di resistenza al cambiamento; d’altro canto con il tempo può subire delle modificazioni importanti e questo spesso avviene in corrispondenza delle tappe evolutive, in cui è richiesta una modificazione funzionale dei rapporti all’interno del sistema. È intuitivo quindi come anche il mito familiare, e il mandato che lo veicola, abbiano una funzione importante nel determinare la scelta del partner.
Insomma la scelta del partner, anche quella apparentemente più spontanea, acquista un senso solo alla luce di una più attenta analisi degli elementi che l’hanno determinata. In particolare il mito, in virtù della sua matrice prettamente relazionale, sembra fare da cornice alla costruzione delle rappresentazioni interne individuali.
“Scegliere la persona con la quale condividere la propria esistenza è una delle decisioni più importanti che la vita ci riserva, sempre.”
Dott.ssa Federica Megaro
Laureata in Psicologia Applicata, Clinica e della Salute con indirizzo Devianza e Sessuologia PsicoSessuologa in formazione

Specializzata in Dipendenze Patologiche (in formazione)

Commenti

Post popolari in questo blog

TICKLING: si può godere con il solletico?

FROTTEURISMO: L’ARTE DELLO STRUSCIARSI FURTIVAMENTE

DISTURBI ALIMENTARI IN GRAVIDANZA: PREGORESSIA.