La rubrica delle parole: GENDER
Il 7 maggio, in occasione dell’“International
Family Equality Day”, verrà proposta in contemporanea in alcune città italiane la
festa delle Famiglie (arcobaleno). Ha presentato l’evento la presidente dell’Associazione
Famiglie Arcobaleno, Marilena Grassadonia, confermando l’assegnazione del
patrocinio dell’evento da parte dei comuni di Barletta, Ferrara, Firenze,
Milano, Napoli, Palermo, Roma, Terni e Torino. La festa ci sarà anche a Verona,
ma senza il patrocinio di alcuna istituzione. Sarà l’occasione di incontrarsi
per fare un pic-nic e giocare, assistere a spettacoli, ascoltare letture di
fiabe per bambini e informarsi nei vari info-point. Lo scopo è quello di
diffondere l’ideologia gender, sensibilizzando e consapevolizzando i cittadini.
L’evento vede impegnate 36 nazioni e 74 città del mondo nel dar voce ai
numerosi modi di vivere e di sentire la famiglia. Lo slogan ufficiale dell’evento
parla chiaro: “Ogni famiglia è una rivoluzione”.
È di nuovo occasione di
discussioni, riflessioni e anche di proteste. La riflessione è lecita sempre in
base alla consapevolezza e alla chiarezza del fenomeno in oggetto. Cos’è
l’ideologia gender? Qual è il suo significato? Esiste una teoria gender?
Schiariamoci le idee insieme!
Gender è un termine di
derivazione anglosassone che può essere tradotto in italiano come ‘genere’. Il
termine viene usato per indicare l’appartenenza delle persone al sesso maschile
o femminile non basandosi unicamente sulle differenze biologiche e cromosomiche
ma anche su componenti di natura psicologica e sociale, quale l’identità di
genere. L’identità di genere è costituita in base alla percezione individuale
del sé, dunque in base al personale sentirsi come uomo o donna, non sempre
corrispondente al sesso biologico di appartenenza. È necessario, dunque, differenziare ‘gender’
da ‘sesso’: il sesso femminile o maschile di un individuo è dato a livello
biologico da un corredo genetico-cromosomico e da un insieme di caratteri
fisici e anatomici che producono la distinzione di maschio e femmina. Più che
distinti e differenziati, considerando le variazioni sociali e culturali che
ruotano intorno a tali concetti, ai ruoli di genere assegnati al maschio e alla
femmina nelle diverse epoche e culture, sesso e genere sembrano essere
interdipendenti.
La terminologia ‘gender’ prende
spunto da alcuni studi, definiti ‘Gender Studies’, sviluppati nel mondo anglosassone
degli anni ’50 e concentrati su un approccio multidisciplinare e
interdisciplinare allo studio dei significati socio-culturali della sessualità
e dell'identità di genere. Il pioniere di questi studi fu lo psicologo
neozelandese John Money, interessato agli aspetti dell’intersessualità.
L'intersessualità è un termine utilizzato per descrivere quelle persone
che hanno cromosomi sessuali, genitali o caratteri sessuati che non possono
essere definiti esclusivamente maschili o femminili. Lo psicologo riferendosi a
tali individui parlava di ruolo di genere, poiché a discapito dell’ambiguità
del loro sesso biologico, tali individui erano perfettamente in grado di
definirsi maschi o femmine. Il termine gender venne così acquisito nel
linguaggio accademico e comune per distinguere l’identità sessuale disgiunta da
quella biologica.
La Germania, come primo paese in
Europa, riconosce il ‘terzo sesso’ nel novembre 2013. Quei bambini che
presentano alla nascita organi genitali non esclusivamente femminili o maschili
possono dunque essere registrati all'anagrafe come "neutri",
lasciando la possibilità all’individuo di scegliere la propria appartenenza al
sesso maschile, femminile o neutro a tempo dovuto e in base alla propria e
individuale percezione. Finora solo l'Australia, nel mondo, aveva introdotto
una normativa del genere. Tali aspetti legislativi non solo assicurano la
libertà di scelta all’individuo ma non obbligano i genitori a decisioni
importanti e definitive, quali operazioni chirurgiche e trattamenti
farmacologici, che segnerebbero per sempre la vita, la sessualità, la
psicologia e il benessere del bambino.
Quella che viene definita ‘teoria
gender’, che solo l’anno scorso aveva fatto tanto parlare, con scontri vivaci
fra i movimenti femministi, attivisti LGBT, movimenti cattolici e
anti-cattolici, per la presunta introduzione di tale teoria nelle scuole
italiane come un fondamento di educazione sessuale, è stata considerata da
molti una cospirazione alla distruzione della ‘famiglia naturale’: quella
fondata da mamma, papà e figli.
La confusione nasce nella distinzione terminologica fra gli ‘studi di
genere’ e la definizione di ‘teoria gender’.
Alcuni sostengono che il termine
‘teoria gender’, fu proprio un’invenzione che nacque negli anni ’90 negli
ambienti cattolici. Lo scopo fu quello di dare un nome a tale presunta
cospirazione contro la famiglia tradizionale, che inoltre favorì l’errata
considerazione di tale termine come sinonimo obbligato di omosessualità e transessualità.
Quando si parla di ideologia
gender, si parla di non discriminazione, di conoscenza di realtà ben presenti
nella nostra società come le famiglie omogenitoriali e monogenitoriali,
ricomposte, ricostituite e allargate, di ogni tipo di famiglia e identità di
genere, si parla di lotta alla violenza e di educazione al superamento degli
stereotipi di genere.
Sembra impossibile ridurre tale
questione ad un semplice orientamento sessuale. Le teorie che discostano il
genere dal sesso biologico, approcci psico-educazionali e sessuologici e
movimenti che portano con la loro voce una cultura diversa da quella che ci è
stata insegnata e che promuovono la consapevolezza e la non discriminazione
sessuale e stereotipica esistono, e se le vogliamo chiamare ‘teorie gender’,
possiamo anche farlo, ma non esiste una cospirazione o una lotta alla famiglia
naturale.
Dott.ssa Giulia Tavilli
Laurea in Psicologia Clinica, con indirizzo ‘Devianza Sessulogia’
In formazione per le specializzazioni in Dipendenze Patologiche e Psicogiuridica
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