HIKIKOMORI: un ritiro sociale volontario

L' Hikikomori è un fenomeno riscontrato tra gli adolescenti, che consiste nel ritiro fra le mura domestiche e la mancanza di qualunque rapporto sociale. L’ espressione Hikikomori deriva dal verbo giapponese Hiku (tirare indietro) e Komoru (ritirarsi) ed indica una sindrome sociale che va diffondendosi sempre più in maniera critica e capillare.
Il ministero giapponese della salute definisce hikikomori gli individui che rifiutano di uscire da casa dei genitori, isolandosi nella propria stanza per periodi superiori ai sei mesi, con la possibilità che la permanenza in autoreclusione si prolunghi per un numero non breve di anni, in una condizione di stabile dipendenza economica dalla famiglia. Essi sono soliti pranzare e cenare nella propria stanza con un vassoio passato dal genitore attraverso la porta appena socchiusa e si recano in bagno con percorsi che, per tacita intesa familiare, vengono lasciati il più possibile non frequentati. Si interrompe ogni rapporto con il mondo della scuola, dell’università o del lavoro.
L’identikit del giovane Hikiikomori: giovane tra i 14-30 anni, di estrazione sociale medio-alta, nel 90% dei casi di sesso maschile per lo più figlio unico di genitori entrambi laureati. Di solito, giovani maschi, anche se la presenza femminile pare in aumento e comunque tendono ad invertire il ritmo giorno-notte, trascorrono parte del tempo a chattare, leggere, giocare al computer o guardare la televisione, determinati a non rientrare nel grande flusso sociale.
Le cause possono essere diverse:
  1. caratteriali: gli hikikomori sono spesso ragazzi molto intelligenti, ma anche particolarmente introversi e con difficoltà relazionali. In loro è presente una componente narcisistica molto forte che gli impedisce di reagire con efficacia alle inevitabili difficoltà e delusioni che la vita riserva.
  2. familiari: l'assenza emotiva del padre e l'eccessivo attaccamento con la madre sono indicate come possibili cause, soprattutto nell'esperienza giapponese.
  3. scolastiche: il rifiuto della scuola è uno dei primi campanelli d'allarme dell'hikikomori. Spesso dietro l'isolamento si nasconde una storia di bullismo.
Tutto questo porta a una crescente difficoltà del ragazzo nel confrontarsi con la vita sociale, fino ad un vero e proprio rifiuto della stessa.
Anche la dipendenza da internet viene spesso indicata come una delle principali responsabili dell'esplosione del fenomeno, ma non è così: essa rappresenta una conseguenza dell'isolamento, non una causa.
Attualmente in Italia si registrano circa 30.000 casi (stime non ufficiali).
Ma come mai un ragazzo decide di rinchiudersi nella sua stanza, connesso al pc, immerso in un’esistenza virtuale e rifiutando la scuola? Perché così tanta paura nell’ interagire con l’altro? Nella società giapponese questo fenomeno potrebbe assumere le sembianze di una ribellione contro un paese schiacciato dal conformismo e dall’ omogeneità, dove non vi è spazio per la differenza e diversità, in cui i giovani non trovano una loro collocazione. Probabilmente in una situazione del genere, nasce il dilemma: scappare o sopravvivere?
Nelle società occidentali, forse, la spiegazione potrebbe essere un’altra. Di fronte agli ideali di perfezione che vengono ulteriormente sottolineati dai mass-media il ragazzo fragile, che scarseggia di autostima si sente terribilmente inadeguato. Se l’idealizzazione è troppo elevata, infatti, non basta più essere carini o un po’ sopra le righe, occorre essere perfetti e ogni valutazione che non corrisponde alla perfezione si traduce in bruttezza e automaticamente ad esclusione.
Il senso di inadeguatezza spesso porta ad una sorta di ansia sociale e quindi, quale strada migliore per nascondere il proprio corpo dallo sguardo degli altri percepiti come criticanti se non quello di rinchiuderlo in un piccolo spazio, considerato ormai l’unica ancora di salvataggio? Il pensiero disfunzionale che si cela dietro, considera l’aspetto esteriore perennemente inadeguato e porta così a stati di ansia sociale che a loro volta si traducano in ritiro sociale e auto-esclusione.
Questo fenomeno, se non trattato, tende alla cronicizzazione in quanto genera un circolo vizioso: esso porta alla solitudine, ma la solitudine a cosa porta? Alla solitudine!
Allora come intervenire? Intervenendo direttamente sul territorio creando luoghi che i reclusi possono frequentare e nei quali avere un ruolo attivo.

Dott.ssa Federica Megaro
Laureata in Psicologia Applicata, Clinica e della Salute con indirizzo Devianza e Sessuologia PsicoSessuologa in formazione

Specializzata in Dipendenze Patologiche (in formazione)

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