Famiglia omosessuale e benessere dei figli: connubio possibile
Per “omogenitorialità” si intende la condizione di genitore
in coppie dello stesso sesso. Nonostante in Italia non sia permesso a
compagni/e omosessuali di crescere un bambino, è recente (5 giugno 2016) il
riconoscimento giuridico di questo tipo di unioni (legge Cirinnà). Tuttavia, una
ricerca del 2005 condotta da Arcigay, con il patrocinio dell'Istituto superiore
di Sanità, ha dimostrato che il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più
di 40 anni ha almeno un figlio.
Sono diverse, infatti, le modalità con cui
coppie omosessuali possono diventare genitori: il bambino potrebbe essere
frutto di una precedente esperienza eterosessuale o, se così non fosse, è
invece possibile per queste coppie avere un figlio recandosi in paesi come
Stati Uniti, Canada o Olanda, in cui è legale usufruire di tecniche di
fecondazione (quali la gestazione per altri o l’inseminazione artificiale).
Il
“vuoto legale” che sussiste in Italia contribuisce a rendere difficoltosi i
passaggi legali di adozione, mentre dal punto di vista sociale il non
riconoscimento di pari diritti per coppie omosessuali ha alimentato una cultura
“eterosessista”, in cui l’amore tra coppie dello stesso sesso è vissuto come
qualcosa che va contro le leggi della natura. In conclusione, uno dei maggiori
ostacoli al riconoscimento di un tipo di famiglia che si allontani dall’assetto
tradizionale (padre/madre) è il pregiudizio.
Uno studio del 1999 (Silverstein
& Auerbach, “Deconstructing the Essential Father”) pubblicato su American
Psychologist indagò i possibili “pericoli”, per i bambini, di crescere senza un
padre. Lo studio illustrò come un nucleo parentale positivo per la crescita dei
piccoli non debba essere necessariamente composto da madre e padre,
riconducendo quindi il discorso ad una mera categorizzazione di genere
sessuale, ma che per il benessere dei bambini sia solamente necessaria la
presenza di persone, a prescindere
dall’assetto biologico e cromosomico delle stesse. È diffuso, inoltre, il
timore infondato che figli e figlie di genitori omosessuali possano, a loro volta,
divenire gay o lesbiche.
Un’altra preoccupazione riguarda la possibilità che
essi divengano vittime di bullismo e vittimizzazione negli ambienti scolastici.
Tuttavia, la ricerca scientifica ha dimostrato che queste credenze sono fondate
solo su una mera stigmatizzazione, e che in una famiglia con genitori
omosessuali vi è una divisione dei ruoli e delle faccende di casa meno rigida
che nelle famiglie eterosessuali. Inoltre, in uno studio di Wailmraith et al,
risalente al 2014, emerge che non vi è una differenza sostanziale, in termini
di benessere psicologico, tra figli di coppie eterosessuali e omosessuali e non
vi è riscontro di un eventuale ritardo nell’approccio alla sessualità in figli
di famiglie omogenitoriali. Rosenfeld (2010) e Allen (2013), riscontrarono, in
entrambe le loro ricerche, che non vi sia una differenza significativa nemmeno
nel rendimento scolastico. Non esiste, di conseguenza, una reale discrepanza
tra le due tipologie di famiglia.
Ciò che è importante per il benessere dei
figli non sembra essere dunque collegato all’orientamento sessuale dei genitori
o all’assetto tradizionale della famiglia che prevede una madre ed un padre,
quanto piuttosto alla situazione economica e agli stimoli che li circondano. Se
è vero, tuttavia, che le famiglie omogenitoriali si trovano a convivere con un
tasso più alto di discriminazione e pregiudizio, rispetto alle eterosessuali,
uno studio di Titlestand e Pooney del 2013 ha mostrato come la capacità di
crescere in modo sano, nonostante l’appartenenza ad un gruppo minoritario ed
ancora stigmatizzato, sembri favorire la resilienza, ovvero la capacità di
adattarsi in modo positivo alle circostanze sfavorevoli o alle situazioni di
avversità che, tendenzialmente, ostacolano il normale corso della vita.
Dott.ssa Federica Mancuso
Studentessa di Psicologia Applicata,
Clinica e della
Salute (indirizzo Sessuologia e Devianza)
Psicosessuologa in formazione
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