CHEMSEX: sesso, droga e nessun rock'n'roll!
Chemsex: assunzione di sostanze (metamfetamina, mefedrone,
GHB, e simili) a scopo sessuale.
Si tratta di una pratica che si sta diffondendo ampiamente, e
che ha conseguenze sul fronte della salute sia per l’assunzione di sostanze sia
per il contagio di malattie a trasmissione sessuale, come HIV ed epatiti.
Il fenomeno del chemsex, nato a Londra, sta prendendo piede
anche in Italia, soprattutto nelle grandi città come Milano, Roma e Bologna,
città italiana che per prima lo ha inquadrato grazie all’Associazione LGBT Plus
la quale ha prodotto una brochure informativa dedicata ai “consumatori”
incentrata soprattutto alla prevenzione e ai rischi dell’uso di sostanze
stupefacenti.
È importante sottolineare come l’assunzione di queste droghe,
insieme ad altre sostanze chimiche (come certi farmaci per l’HIV) aumenti il
rischio di overdose e in certi casi di decesso: associare farmaci
antiretrovirali e sostanze stupefacenti può far diminuire l’efficacia dei
farmaci, aumentare gli effetti collaterali così come la tossicità degli
stupefacenti.
Nonostante sia difficile fare una generalizzazione, data
l’eterogeneità del campione per età, ceto sociale, identità e orientamento
sessuale, il chemsex è soprattutto legato al sesso fra uomini. Alcune review,
però, riportano che anche all’interno della comunità lesbica vi è un meccanismo
simile; sebbene mefedrone, GHB e metanfetamine non vengano massicciamente
usate, fra le donne è più frequente l’associazione tra cannabis e sesso, che
comporta minori rischi diretti ma potrebbe ugualmente portare ad un aumento di
comportamenti sessualmente a rischio.
È importante fare una distinzione fra l’uso di droghe in sé,
che in seguito porta ad un’attività sessuale, e il chemsex: in quest’ultimo, il
desiderio di avere un rapporto sessuale rappresenta la spinta motivazionale che
porta all’uso di stupefacenti.
Secondo molti studiosi questo principio è uno dei punti
cardine per capire questo comportamento e perché esso coinvolga principalmente
il genere maschile.
La maggior parte delle teorie si sofferma soprattutto sulle
ripercussioni psicologiche del minority stress e dell’omofobia interiorizzata
(Mayer., 1995) che colpiscono particolarmente uomini gay e bisessuali o uomini
che si identificano come eterosessuali ma praticano sesso con altri uomini. In
questi casi l’uso di droghe è vissuto come un modo per liberarsi da
limitazioni, interne o esterne, e mettere in pratica i propri desideri
sessuali. Non raramente, infatti, i frequentatori dei chemsex party sono
persone che conducono una doppia vita.
Un altro approccio per capire il fenomeno potrebbe essere
quello socio-relazionale. Secondo il professor Kane Race (University of
Sidney), non si tratta di un fenomeno del tutto nuovo, piuttosto una
modernizzazione nelle pratiche di socializzazione all’interno della comunità
LGBT. Attività che prima si svolgevano in luoghi pubblici come saune e
discoteche, sono state gradualmente rilocate all’interno di abitazioni private,
e grazie all’uso delle app, rese più semplici da organizzare.
Nel Regno Unito, dove ormai il chemsex è un fenomeno
culturalmente radicato (non è raro trovare nella descrizione utente su Grindr
la dicitura “chems friendly”), i servizi di salute mentale stanno iniziando ad
indagare la dipendenza psicologica prodotta da questo comportamento, oltre a
quella fisiologica causata dalle sostanze chimiche.
Il chemsex è un fenomeno che spaventa, una pratica che porta
a delle vere e proprie maratone di sesso senza nessun controllo. Perché
associare droga e sesso quando la sessualità è bella da vivere serenamente, da
lucidi?
Sesso, droga e rock'n'roll? No! Di per sé il sesso è già rock'n'roll!
Dott.ssa Federica Megaro
Laureata in Psicologia Applicata, Clinica e della Salute con indirizzo Devianza e Sessuologia PsicoSessuologa in formazione
Specializzata in Dipendenze Patologiche (in formazione)
Specializzata in Dipendenze Patologiche (in formazione)
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